Diritto Penale dell’Ambiente: gli ecoreati previsti nel Codice Penale
Nel nostro precedente approfondimento abbiamo definito il Diritto Ambientale e spiegato il ruolo sempre più centrale che, dalla seconda metà degli anni Ottanta, tale disciplina occupa nella gestione dell’inquinamento, nella tutela della natura e nell’utilizzo razionale delle sue risorse.
Quest’oggi parleremo invece in modo più specifico degli ecoreati, e in particolare di quelli così definiti secondo il Codice Penale italiano.
Cominciamo col chiarire che le parole “ecoreato” e “reato ambientale” sono talvolta considerate sinonimi di “ecomafia”, un termine-ombrello sotto al quale possono essere racchiuse tutte le azioni criminali condotte da entità organizzate che, minacciando la biodiversità, rappresentano un pericolo anche per la salute e le economie locali. Si tratta di un assioma importante, poiché non va dimenticato che il danneggiamento e la distruzione intenzionale e programmata dell’ambiente in cui tutti noi viviamo vanno considerati, di fatto, una minaccia anche alla sopravvivenza della specie umana nella sua totalità. L’individuazione del reato e la punizione dei trasgressori è quindi, a sua volta, fondamentale per non compromettere gli sforzi collettivi di proteggere la biodiversità e la natura, rallentare la crisi climatica globale, ridurre la produzione dei rifiuti e abbattere l’inquinamento.
Va tuttavia precisato che le ecomafie fanno specificamente riferimento alle attività criminali contro l’ambiente da parte delle organizzazioni di stampo mafioso, e sono pertanto legate alla criminalità organizzata.
Il termine “ecomafia”, coniato da Legambiente nel 1994, ha portato nel corso degli anni alla conduzione di numerosi studi sull’argomento e alla produzione di interessanti report annuali (i “Rapporti Ecomafia” di Legambiente, per l’appunto) che mirano a fare il punto della situazione sui principali settori di tali attività delinquenziali: tra questi figura in primis lo smaltimento dei rifiuti e la loro gestione illegale, seguito dall’abusivismo edilizio, dai crimini perpetrati nel settore agroalimentare e dal traffico di animali esotici.
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La principale ecomafia in Italia: la gestione illegale dello smaltimento dei rifiuti
L’illegale gestione dello smaltimento dei rifiuti rappresenta il principale settore di interesse per la criminalità organizzata, tanto da essere considerato – secondo alcuni boss – un business addirittura più vantaggioso di quello della droga.
Già a partire dall’inizio degli anni Novanta sono diventati chiari in Italia i molteplici traffici nascosti dietro alle attività di gestione dei rifiuti urbani e industriali, con catene criminali che coinvolgono molteplici figure e non soltanto i meri esecutori del reato in sé. Pur trattandosi di un reato cosiddetto “senza vittima”, lo smaltimento illegale dei rifiuti è oggi considerato una problematica non più ignorabile nel nostro Paese, e casi eclatanti come quello della Terra dei Fuochi (ossia l’area compresa tra Napoli e Caserta, di interesse di circa una novantina di comuni, nella quale sono stati interrati illegalmente o incendiati rifiuti tossici, avvelenando l’aria e il suolo); l’inquinamento sistematico dei mari e relativi litorali con azioni quali le colate di cemento illegale, la pesca incontrollata, il depauperamento di suolo costiero; e l’avvelenamento delle acque tramite lo scarico di sostanze nocive sono ormai considerati di interesse pubblico.
L’ultimo Rapporto Ecomafie, pubblicato nel 2021 e relativo all’anno 2020, registra un pericoloso incremento di reati ambientali nonostante la pandemia, con uno 0.6% in più rispetto al 2019: nel primo anno di COVID, sono stati registrati quasi 35.000 crimini contro l’ambiente, per una media di 95 al giorno e a fronte di una flessione nei controlli pari al 17%.
In sintesi, gli ecoreati non sembrano conoscere crisi: nel proprio dossier, Legambiente indica tra le principali attività criminose l’abusivismo edilizio e, nuovamente, lo smaltimento illegale dei rifiuti industriali con conseguente inquinamento delle falde acquifere, dei fiumi, del suolo e delle coltivazioni agricole.
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Le condotte lesive per l’ambiente punite dalla legge italiana
Quando si parla di ecoreati e, più in generale, di reati contro l’ambiente, la legge italiana interviene con una serie di regolamentazioni – a partire dal Decreto Legislativo 152/2006 relativo alle “Norme in Materia Ambientale”, che indica le corrette modalità di gestione del rifiuto al fine di poterlo tracciare ed evitare rischi per l’ambiente e la salute delle persone.
Il Testo Unico in Materia Ambientale comprende le principali norme di regolazione della disciplina ambientale e regolamenta inoltre le procedure per la valutazione ambientale, la difesa del suolo e la lotta alla desertificazione, la tutela delle acque e la gestione delle risorse idriche, la tutela dell’aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera.
Il Codice Penale italiano punisce anch’esso le condotte considerate maggiormente lesive nei confronti dell’ambiente, in particolare con il Titolo VI bis (Dei delitti contro l’ambiente). Tra le fattispecie di reato più rilevanti presenti in tale titolo figurano l’inquinamento ambientale, la morte e lesioni in conseguenza del delitto di inquinamento ambientale, il disastro ambientale, i delitti colposi contro l’ambiente, il traffico e l’abbandono di materiale ad alta radioattività, l’omessa bonifica e l’attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti.
L’introduzione degli ecoreati è certamente il “cuore” di quella che viene oggi considerata una legge fondamentale in Italia per la tutela dell’ambiente, in funzione della sua capacità di colpire sia i singoli reati ambientali che le condotte criminali organizzate tipiche delle già citate ecomafie.
Con il termine ecoreati, la Legge n.68/2015 identifica condotte lesive particolarmente gravi che includono:
- Il disastro ambientale: si definisce in questo modo l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema o l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa; l’offesa alla pubblica incolumità con riferimento alla rilevanza del reato per la sua estensione, i suoi effetti lesivi e il numero di persone offese o esposte al pericolo. Se il disastro viene commesso in area protetta o sottoposta a vincolo, oppure a danno di specie protette, il disastro ambientale verrà considerato aggravato. Si tratta di una condotta punibile con la reclusione da cinque a quindici anni.
- L’inquinamento ambientale: fa riferimento alla compromissione o al deterioramento significativo e misurabile dello stato preesistente di suolo, aria, acqua, sottosuolo; ma anche di ecosistemi e biodiversità. Il reato è considerato aggravato se l’inquinamento è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette. Questa condotta criminosa può portare alla reclusione da due a sei anni ed alla multa da 10.000 a 100.000 euro.
- Traffico e abbandono di materiali ad alta radioattività: chiunque abusivamente ceda, acquisti, riceva, trasporti, importi, esporti, procuri, detenga, trasferisca o abbandoni materiale ad alta radioattività in modo illegittimo o illegale può essere punito con una multa da 10.000 a 50.000 euro e con la reclusione da due a sei anni.
- Impedimento del controllo: si tratta di un reato punibile con la reclusione da sei mesi a tre anni per chiunque impedisca, intralci o eluda l’attività di vigilanza e controllo ambientale e di sicurezza e igiene del lavoro.
- Omessa bonifica: punisce chiunque, essendovi obbligato per legge, per ordine del giudice ovvero di un’autorità pubblica, non provvede alla bonifica, al ripristino o al recupero dello stato dei luoghi. Questa condotta può essere punita con la reclusione da uno a quattro anni e con una multa da 20.000 a 80.000 euro.
Vale infine la pena ricordare che la Legge n.68/2015 ha introdotto anche il ravvedimento operoso, ossia – nell’ambito della cosiddetta giustizia riparativa – la possibilità di depenalizzazione negoziata delle condotte meno gravi con l’applicazione di sanzioni amministrative. In termini pratici, questo significa che chiunque agisca per bonificare e mettere in sicurezza le aree inquinate – o comunque eviti danni ulteriori all’ambiente già compromesso – potrà beneficiare di uno sconto di pena.
Si tratta di una specifica importante, perché mirata non soltanto alla prevenzione di reati più gravi ma anche a vere e proprie azioni di deterrenza.
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