Bancarotta preferenziale
Cos’è la bancarotta preferenziale
La bancarotta preferenziale è il reato che punisce il soggetto fallito, che prima o durante la procedura fallimentare, soddisfa intenzionalmente alcuni creditori lasciando insoddisfatti altri: in estrema sintesi, il debitore non rispetta il principio della par condicio creditorum.
Si tratta di un reato fallimentare piuttosto comune, che interessa ad esempio imprenditori che utilizzano le risorse finanziarie residue per soddisfare i creditori più importanti a discapito di altri.
La bancarotta preferenziale è prevista dall’articolo 216, comma 3, della Legge Fallimentare, che punisce: “con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.”
La giurisprudenza di legittimità in materia: i rapporti di giroconto
Con la sentenza n. 27980/2022, la Corte di Cassazione penale è tornata ad esprimersi in merito alla bancarotta preferenziale.
In tale decisione, la Suprema Corte ha confermato che, ai fini della configurabilità del reato di bancarotta preferenziale devono sussistere:
- la violazione della par condicio creditorum nella procedura fallimentare, come elemento oggettivo;
- il dolo specifico inteso come la volontà di collocare un creditore in una posizione di vantaggio con l’accettazione dell’eventualità di un danno per gli altri creditori, come elemento soggettivo.
La condotta illecita non è quindi ravvisabile nell’indebito depauperamento del patrimonio del soggetto debitore ma nell’alterazione dell’ordine di soddisfazione dei creditori.
Nella vicenda in riferimento, l’ipotesi di reato di bancarotta preferenziale era contestata ad un cliente di un famoso istituto bancario per un’operazione di giroconto; con il primo motivo di ricorso, la difesa dell’imputato ha evidenziato l’insussistenza del reato di bancarotta preferenziale, trattandosi di un mero spostamento di somme – giroconto – tra due conti correnti (uno attivo e l’altro passivo), intrattenuti dalla società poi fallita con il medesimo istituto bancario, ed invocando il principio civilistico della compensazione ex art. 56 L.Fall.
Sul punto, secondo quanto stabilito dalla Suprema Corte “Ciò che è essenziale (…) è che i presupposti dell’operatività della compensazione non siano artatamente creati per celare dietro l’apparenza dell’istituto consentito un pagamento ordinario del debito. Ed invero, la compensazione legale (…) opera allorquando due debiti, liquidi ed esigibili, coesistono; essa, cioè, opera per il solo fatto di tale coesistenza, purchè ricorrano i requisiti previsti dalla legge; sicchè solo in tal caso, essa, pur andando ad incidere sulla par condicio, è esclusa dal novero dei pagamenti revocabili dal legislatore in virtù della previsione di cui all’art. 56 l.f. (…)Tali previsioni civili e fallimentari non possono non avere incidenza sulla configurabilità della bancarotta preferenziale, allorquando si verta nell’ipotesi in cui vengano a coesistere, in virtù della pluralità dei rapporti intrattenuti, reciproche situazioni attive e passive, liquide ed esigibili, tra il debitore poi fallito e il creditore, e quindi anche nel caso di pluralità di autonomi rapporti col medesimo istituto di credito”.
Per cui, nella sentenza in riferimento è stato rilevato che non si può prescindere dalle norme civilistiche, come l’art. 56 L.Fall, per la valutazione della sussistenza del reato di bancarotta preferenziale; la Corte di Cassazione ha dunque annullato con rinvio la sentenza impugnata ritenendo necessaria una verifica delle “caratteristiche dei rapporti che si assumono venuti a coesistenza, verificando innanzitutto se i crediti reciproci derivavano da rapporti giuridici autonomi, se i relativi saldi erano esigibili al momento del giroconto, al fine di appurare (…) se ricorrevano i presupposti della invocata compensazione (…) o se si sia trattato, ad esempio, di versamento ad hoc della somma sul conto, finalizzato cioè a creare provvista in vista del giroconto che è andato ad estinguere il saldo passivo; dovendosi più in generale anche comprendere se l’operazione sia stata in qualche modo realizzata in maniera elusiva rispetto al divieto penale (e civile) di effettuare pagamenti in favore di un creditore, a scapito di altri, mascherando appunto il pagamento con un meccanismo compensativo. Ciò nell’ottica di capire se il giroconto in argomento possa essere ricondotto alla compensazione ed essere annoverato nell’ambito dispositivo dell’art. 56 l.f., circostanza che, ove assodata, escluderebbe la sussistenza della bancarotta preferenziale.”.
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